venerdì 15 maggio 2009

Suu Kyi in carcere - tratto dall'Unità -


Chiusa in una cella. A pochi giorni dalla scadenza degli arresti dominciali Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana è stata rinchiusa nel famigerato carcere di Insein, a Rangoon. Suu Kyi è accusata di aver violato le condizioni degli arresti domiciliari, dopo la misteriosa intrusione nella sua casa-prigione di un cittadino americano, e rischia fino a 5 anni di detenzione. Incriminati anche due suoi domestici. Il processo si terrà lunedì prossimo.

John William Yeattaw, 53 anni, del Missouri, per gli avvocati di Suu Kyi non è che un «imbecille». L'ex moglie dell'uomo, un veterano del Vietnam, ha dichiarato che soffre di disturbi della personalità e a causa del suo stato di salute psichica riceve una pensione di invalidità dal Dipartimento per gli affari dei Veterani di guerra. L’uomo aveva attraversato a nuoto il lago che lambisce la villa dove la leader birmana ha trascorso agli arresti 13 degli ultimi 19 anni, riferendo poi di essersi trattenuto per due giorni nell’abitazione.

Premio Nobel per la pace, 63 anni, San Suu Kyi avrebbe dovuto essere rimessa in libertà il prossimo 27 maggio, alla scadenza del sesto anno consecutivo di reclusione in casa, dove per tutto questio tempo non ha potuto ricevere né telefonate né e-mail e dove anche la visita degli inviati Onu è stata severamente contingentata dalla giunta.

Le nuove incriminazioni sono evidentemente il pretesto cercato dai generali per prolungare ulteriormente gli arresti di Suu Kyi, la cui popolarità non è mai stata intaccata dalla detenzione: il prossimo anno sono previste elezioni generali, promesse dalla giunta ormai da qualche tempo nell’ambito della «road map verso la democrazia». Promesse a questo punto del tutto svuotate di contenuto, alla luce delle nuove incriminazioni contro Aung San Suu Kyi.

La leader dell’opposizione birmana, perseguitata dal suo ritorno in patria nell’88, stravinse le elezioni del 1990, poi annullate dalla giunta. Il clamoroso successo elettorale ha segnato la fine della libertà per Aung San Suu Kyi che è stata ripetutamente arrestata, incarcerata e nel 2003 posta agli arresti domiciliari per le cattive condizioni di salute, che anche in questi ultimi giorni hanno suscitato preoccupazione.

Per il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia, tutta la vicenda è un complotto. Cinque anni di carcere ad Insein, sostengono gli attivisti, equivalgono ad una condanna a morte.

Tutta da chiarire anche la vicenda dell’americano Yeattaw, che secondo l’avvocato di San Suu Kyi avrebbe tentato l’intrusione già nel 2008 ma allora era stato allontanato. Stavolta è andata diversamehnte. «Ha detto che era troppo stanco e voleva riposare. Lei lo ha accontentato». Yeattaw è stato arrestato il 6 maggio scorso, dopo la sua impresa. Sarebbe stato incriminato per istigazione a delinquere, violazione delle leggi sull’immigrazione e ingresso in una zona vietata.

Articolo di prova tratto da Repubblica su Roxana Saberi


Roxana Saberi ha lasciato l'Iran ed è arrivata a Vienna. La giornalista irano-americana, accusata dal regime islamico di spionaggio, ha lasciato nella notte di Teheran, a bordo di un volo su cui c'erano anche i genitori. La giornalista era stata rilasciata lo scorso lunedì, dopo che una sentenza che la condannava a otto anni di carcere era stata ridotta a due, e poi sospesa in appello. Saberi fu arrestata a gennaio, con l'accusa originaria di aver comperato alcol, illegale in Iran. La vicenda era diventata un caso politico, ancora più incandescente nel momento in cui il presidente Usa, Barack Obama, tenta di migliorare le relazioni con il 'regime degli ayatollah'.

"Passerò qualche giorno a Vienna, perché è un posto calmo e rilassante". Sono state le prime parole della giornalista al suo arrivo all'aeroporto della capitale austriaca. Accompagnata dal padre Reza, dalla madre e dal fratello, la Saberi non ha precisato quanto durerà il suo soggiorno viennese, nè quando intende tornare negli Stati Uniti. In compenso ha spiegato che tra le ragioni della scelta di Vienna come prima destinazione sulla via del ritorno a casa c'è la volontà di ringraziare l'ambasciatore austriaco a Teheran per il ruolo svolto nella sua liberazione. "E' stato di grande aiuto - ha detto Roxana

Articolo di prova tratto dal Corriere della Sera.

- Via libera al ddl sicurezza alla Camera che ora passerà al Senato. Ma la polemica non si placa. Anzi. Ad attaccare a testa bassa è Dario Franceschini, annunciandoalla Camera il voto negativo del Pd. «Nella storia italiana in un altro momento storico si è pensato di affidare sicurezza a persone con camicie di uno stesso colore: a quello non vogliamo tornare». Franceschini ha invitato il centrodestra a fare un bilancio tra «le cose promesse in campagna e cose realizzate dopo», anche perchè «della sicurezza ne avete fatto una bandiera per conquistare consensi». «Ebbene - ha aggiunto - il bilancio parla di tradimento delle promesse elettorali e di un fallimento». «La sicurezza si garantisce con le Forze dell'Ordine - ha proseguito il segretario del Pd - e voi avete tagliato 3 miliardi di euro alle Forze dell'ordine, ora costrette a protestare davanti a Montecitorio». «Voi - ha detto ancora Franceschini - coprite tutto con l'inutile demagogia delle ronde; unico paese ad appaltare la sicurezza a gruppi privati», quelle ronde che rimandano alle camice nere. «E per coprire questo vostro fallimento - ha concluso -usate la lotta all'immigrazione». Po l'attacco sul versante religioso. Secondo il leader Pd il centrodestra si dimostra «ipocritamente devoto»: «Non avete ascoltato le parole dei vescovi italiani, voi che siete sempre così ipocritamente devoti... quando c’è di mezzo il consenso usate parole di disprezzo anche nei confronti della Chiesa».


LA REPLICA - Non si è fatta attendere la replica del governo. Il ministro dell'Interno Maroni va giù duro: «Franceschini insulta e dice falsità. Va bene la propaganda in campagna elettorale, ma in un’Aula parlamentare non si può. Si può discutere, ma basta con le tante falsità - insiste Maroni - che la sinistra va dicendo su questo provvedimento. Franceschini dice cose grossolanamente false».   Il ddl sicurezza «non è una operazione propagandistica», ma «l'espressione di una maggioranza che ha avuto il consenso innanzitutto per difendere la sicurezza, non di coloro che stanno nei quartieri agiati ma dei poveri». Esprimendo «solidarietà» al ministro Maroni, Fabrizio Cicchitto respinge ogni critica, liquidando il dibattito sull'immigrazione clandestina come «insieme surreale e propagandistico. Leggi razziali? Ma di che parliamo? Noi - controbatte secco il capogruppo del Pdl a Dario Franceschini - siamo impegnati a dare sbocco all'immigrazione regolare ma a contrastare l'immigrazione clandestina. È razzismo forse?».